Viviamo in un’epoca in cui abbiamo a disposizione strumenti di informazione di ogni tipo, eppure sapere cosa mangiare per nutrire la salute non è così facile. Siamo bombardati da indicazioni di ogni tipo che spesso puntano soprattutto a farci consumare sempre più cibo di bassa qualità (ingrassando le casse delle multinazionali e non solo!), piuttosto che a darci  indicazioni su quale stile di vita adottare per restare in salute. I nostro soccorso le etichette a semaforo.

Saper leggere le etichette

Nella scelta del cibo, saper leggere l’etichetta è una tappa fondamentale per acquistare prodotti di buona qualità e conoscere cosa portiamo in tavola.

Ma saper leggere le etichette non è solo una esigenza individuale, è una necessità che si allarga anche agli stati per arginare l’epidemia di obesità sempre più dilagante e la diffusione delle malattie legate a stili di vita scorretti (diabete, problemi cardiaci, tumori, ecc.).

Un’etichetta alimentare fatta bene, a tutela del cittadino-consumatore, dovrebbe dare indicazioni chiare e accessibili velocemente, perché quando facciamo la spesa siamo spesso di fretta e intuitivamente dovremmo poter capire cosa è meglio acquistare.

Vediamo cosa succede negli stati che si sono già mossi.

FRANCIA

La Francia (seguita ora da Belgio, Spagna e parzialmente anche dall’Olanda) ha adottato, da poco più di un anno,  il sistema di etichettatura dei prodotti alimentari chiamato Nutri-Score.

Nutri-score si basa sull’uso di cinque differenti colori, dal verde all’arancione, (abbinati ad altrettante lettere) in diverse tonalità, che vengono abbinati agli alimenti a seconda del loro contenuto di nutrienti considerati positivi per la salute da una parte (fibre, proteine, frutta, verdura) e, dall’altra, del loro apporto di nutrienti da limitare per contrastare le problematiche di salute, fra cui sovrappeso, obesità e malattie non trasmissibili (zuccheri semplici, sale, grassi saturi).

È un approccio molto semplice (ma non semplcistico), molto visivo che induce il consumatore a preferire alimenti con il “colore verde”.

GRAN BRETAGNA

In Gran Bretagna viene utilizzata un’etichetta cosiddetta a semaforo, caratterizzata da tre colori.

Essa prende in considerazione per ogni 100 grammi di prodotto il contenuto di:

  • calorie,
  • sale,
  • zucchero,
  • grassi,
  • grassi saturi.

Il colore viene applicato ad ognuna di queste categorie.

L’ETICHETTA PROPOSTA DALLE AZIENDE

L’etichetta proposta e utilizzata dalle multinazionali del settore alimentare si ispira a quella britannica. C’è una grande differenza però, anche se in apparenza sembra piccola, che modifica la percezione del consumatore.

L’etichetta inglese si riferisce a 100 grammi di prodotto, mentre questa si riferisce alla singola porzione (stabilita arbitrariamente dall’azienda stessa). Questo permette di trasformare i semafori in modo favorevole alle aziende: i rossi dell’etichetta britannica si trasformano quasi sempre in colori più favorevoli (gialli o verdi, come è stato denunciato da un’associazione di consumatori tedesca).

E l’Italia cosa sta facendo?

Timorosa di veder diminuire le vendite di alcuni prodotti della tradizione alimentare (come formaggi e salumi, che in passato apparivano sulle tavole saltuariamente ed oggi invece vi presenziano tutti i giorni pur essendo lo stile di vita profondamente cambiato) non adotta le nuove etichette e si adopera per conservare lo status quo.

Se la salute viene prima di tutto, i cittadini hanno diritto ad essere informati e l’economia deve adattarsi alle sopraggiunte esigenze della popolazione e dell’ambiente.

Vediamo in quattro tappe le ultime vicende che hanno riguardato il nostro paese e la possibilità di inserire nuove etichette.

  • Luglio 2018.
    Il report Time to deliver dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,diffuso dai media, fornisce raccomandazioni agli stati per caldeggiare un sistema di etichettatura sui prodotti alimentari che evidenzi la presenza (spesso eccessiva) di sale e grassi saturi.
    L’Italia insorge a difesa dei “prodotti d’eccellenza” del settore alimentare e le raccomandazioni proposte in seno all’OMS non vengono inserite nel documento finale che dovrebbe concorrere alla riduzione delle malattie non trasmissibili entro il 2030.
  • Settembre 2018.
    Il 27 del mese viene approvata dai Capi di Stato e di Governo dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite la dichiarazione politica Time to deliver, in cui non si trova alcun cenno ad alimenti che possano essere dannosi per la salute. Nel documento ci si riferisce genericamente a regimi alimentari che possono essere non salutari nel loro complesso, e si allarga il campo parlando dello stile di vita della persona.
  • Novembre 2018.
    Il 12 di novembre ciò che è stato approvato circa un paio di mesi prima viene messo in discussione.
    Francia e Brasile, appoggiati da altri cinque paesi, chiedono all’ONU una risoluzione di quanto era già stato bocciato dal Global Health and foreign policy (emanazione della stessa organizzazione), ossia:
    – introduzione delle etichette a semaforo
    – istituzione di tasse sul junk food
    – limitazione alla pubblicità di junk food.

L’Italia insorge nuovamente e il senato della repubblica italiana prende posizione quasi all’unanimità (ma quando mai succede??) chiedendo al governo di “attivarsi con tutti gli strumenti a sua disposizione nella trattativa in corso in sede Onu per contrastare l’ulteriore diffusione dell’etichettatura a semaforo sui prodotti alimentari, al fine di promuovere invece l’utilizzo di sistemi di etichettatura che diano corrette informazioni nutrizionali e indichino l’origine dei principali ingredienti utilizzati”.

  • Dicembre 2018.
    Il 13 dicembre viene votata la proposta  di risoluzione firmata dai sette Paesi della Foreign Policy and Global Health per sollecitare gli stati membri ad adottare misure (quelle citate nel punto precedente) che informino e distolgano i cittadini dal consumo di cibi dannosi per la salute.
    Il testo che ne esce invita gli stati a promuovere uno stile di vita sano, specificando in un punto l’intento di “preservare l’alimentazione tradizionale, considerata parte dell’eredità culturale” di ciascun Paese.

In conclusione nessuna delle misure restrittive proposte è stata accettata.

Chi ne esce vincente?

Quali sono i valori primari da tutelare?

Quale direzione ogni singolo e ogni stato dovrebbe scegliere?

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Elena soldi
Elena soldi

Laureatasi in Giurisprudenza presso l’Università di Pavia, si è formata nel campo della Medicina Naturale, divenendo Naturopata e Floriterapeuta, per poi specializzarsi nell’ambito dell’Alimentazione Naturale. Da anni si impegna nella diffusione della Medicina Naturale attraverso conferenze e corsi tenuti presso varie scuole di formazione, amministrazioni pubbliche e istituzioni