La mia esperienza con le danze di Gurdjieff iniziò nel 2001 quando mi iscrissi ad un corso a Genova.
Non sapevo bene cosa fossero, la curiosità mi avvicinò a loro e alla fine ne rimasi affascinata, non compresi il significato di ciò che avevo fatto ma mi lasciarono un piacevole stato interiore, strano, non l’avevo mai vissuto! A casa cominciai a ripetere i gesti appresi ma purtroppo non riuscivo a riprodurre ciò che avevo sentito nel gruppo condotto da Shurta… e mi chiedevo perché! Mi promisi di riprovare a seguire un altro corso per produrre quel preciso stato che altrimenti, nel quotidiano, non riuscivo a vivere. Ovviamente era solo l’inizio, ne assaporavo solo l’aspetto superficiale ma in questa fase era già tanto. Mi approcciai anche ad una ricerca letteraria sulle danze e trovai una breve spiegazione di uno studente di Madame de Salzmann:
“Ogni posizione attrae un’energia definita,
in una direzione definita e con uno scopo definito
Da questo punto di vista, si potrebbe dire
che i Movimenti costituiscono un linguaggio
che il nostro intelletto non può comprendere
ma cui il nostro corpo è sensibile”
Trovai interessante anche una frase di J.de Salzmann da “Un cuore senza limiti” di Ravi Ravindra
“Se la caviglia o il braccio stanno in un modo piuttosto che in un altro, il collegamento è perso e l’energia superiore non può passare”.
Cominciai allora ad accorgermi che ciò che vivevo, anche solo per pochi attimi mentre danzavo, apparteneva ad uno stato elevato che poteva manifestarsi solo se fossi stata in grado di produrre una condizione di vuoto. In questo stato i pensieri si fermano e si può sentire il piacere del momento presente in cui il corpo si muove come non guidato da me stessa e il piano emotivo si mette a disposizione di quell’istante. Ogni volta sento che ne traggo un piacere diverso da qualsiasi piacere io abbia provato prima. Danza, movimento, sensazioni, libertà di essere, godimento che non proviene dal corpo, pace.
Ecco cosa sono per me le danze di Gurdjieff.
Da ormai 15 anni non sono mai mancate nella mia vita perché abituata ad usare la mia parte razionale per comprendere il mondo, attraverso le danze ho trovato uno spazio nuovo, una nuovo modo di scoprire i segreti dell’esistenza, attraverso il corpo e non solo attraverso i libri.
Da “Vedute sul mondo reale” Gurdjieff, maestro caucasico che divulgò l’insegnamento delle danze in occidente, parla ai suoi allievi spiegando qual’è lo scopo delle danze:
“Mi chiedete qual è lo scopo dei movimenti.
A ogni atteggiamento del corpo corrisponde un certo stato interiore e, viceversa, a ogni stato interiore corrisponde un determinato atteggiamento. Ogni uomo ha un certo numero di atteggiamenti abituali, e passa da un atteggiamento all’altro senza mai fermarsi in quelli intermedi.
Il fatto di assumere posizioni nuove e inabituali, vi consente di osservarvi interiormente in modo diverso da come vi osservate in condizioni ordinarie. Ciò diventa ‘particolarmente chiaro quando al comando « stop! » dovete immobilizzarvi all’istante. I muscoli tesi devono restare nel loro stato di tensione, e quelli rilassati devono restare rilassati. A quel comando, inoltre, dovete non soltanto immobilizzarvi esteriormente, ma bloccare tutti i movimenti interiori. Dovete sforzarvi di mantenere inalterati i pensieri e le emozioni, riuscendo nello stesso tempo a osservare voi stessi.
Supponiamo che questa signora desideri diventare un’attrice. Gli atteggiamenti che le sono abituali si adattano ad alcune parti, per esempio alla parte di una cameriera; invece le viene affidata la parte di una contessa. Una contessa ha delle pose completamente diverse. In una buona scuola d’arte drammatica le possono insegnare, diciamo, duecento pose. Le pose caratteristiche di una contessa sono, per esempio, le pose numero 14, 68, 101 e 142. Se la signora le ha imparate, quand’è in scena le basta passare da una all’altra e, per quanto possa essere una pessima attrice, rimarrà sempre una contessa per tutta la rappresentazione. Ma se non le ha imparate, anche l’occhio meno esercitato si accorgerà che non è una contessa, bensì una
cameriera. Dovete osservarvi in modo diverso dal solito. Vi occorre un altro atteggiamento, diverso da quello tenuto finora. Ormai sapete dove vi hanno portato i vostri soliti atteggiamenti.
Continuare così non ha senso, né per voi né per me, e io non ho nessuna voglia di lavorare con voi, se restate quel che siete. Voi aspirate alla conoscenza, ma ciò che avete avuto finora non è conoscenza: è solo una raccolta meccanica di informazioni. È una conoscenza che non è entrata a far parte di voi, ma è fuori di voi. Non ha nessun valore. Che importanza possono avere per voi le cose che sapete, se un bel giorno vi sono ,piovute addosso da qualcun altro? È un sapere non creato da voi, e quindi ha scarsissimo valore. Per esempio, qualcuno sa
comporre una pagina di giornale in caratteri da stampa, e vi attribuisce un certo valore. Ma oggi anche una macchina può fare questo lavoro. Combinare non è creare. Ogni uomo ha un repertorio limitato di atteggiamenti abituali e di stati interiori. La signora fa la pittrice, e voi forse
direte che ha uno stile molto personale. Ma non è uno stile, è una limitazione. Pur cambiando
soggetto, i suoi quadri sono sempre la stessa cosa. Che sia un soggetto di vita europea o di vita asiatica, riconoscerò subito la sua mano. Un attore che sia uguale in tutte le parti, che razza d’attore è? Solo per caso gli può venire affidata una parte che si adatta perfettamente a ciò ch’egli è nella vita. Attualmente, tutta la vostra conoscenza è meccanica, come è meccanico il resto. Per esempio, se guardo quella signora con simpatia, subito diventa affabile. Se la guardo con aria di rimprovero, subito si arrabbia, e non soltanto con me, ma anche col suo vicino, e il suo vicino con un altro, e così via. Essa si è arrabbiata perché l’ho guardata male. Va in collera meccanicamente, ma non è in grado di arrabbiarsi liberamente, di propria volontà. È schiava degli atteggiamenti altrui. Ma se reagisse soltanto di fronte a degli esseri viventi, non sarebbe così grave: ella però è schiava anche delle cose. Qualunque oggetto è più forte di lei. È una schiavitù perpetua. Le vostre funzioni non vi appartengono; al contrario, voi siete la funzione di ciò che si scatena al vostro interno. Davanti a cose nuove, bisogna imparare ad avere atteggiamenti nuovi. Osservate: in questo momento ognuno ascolta a modo proprio. È un modo che corrisponde al proprio atteggiamento interiore. Per esempio, Starosta sta ascoltando con la mente, e un altro invece col sentimento; se si chiedesse a entrambi di ripetere ciò che è stato detto, ciascuno dei due risponderebbe in modo diverso, secondo lo stato interiore del momento. Fra un’ora, a Starosta dicono una cosa spiacevole, mentre all’altro viene assegnato un problema matematico da risolvere; in tal caso, Starosta ripeterà ciò che ha sentito dire colorandolo coi suoi sentimenti, mentre l’altro lo farà in forma logica. Questo succede perché funziona un solo centro, per esempio la mente, o il sentimento. Invece dovete imparare ad ascoltare in modo nuovo. Ciò che avete imparato fino a oggi è una conoscenza legata a un solo centro, una conoscenza senza comprensione. Quante sono le cose che sapete, e che siete anche in grado di comprendere? Ad esempio, sapete cos’è l’elettricità, ma vi è così chiara come due più due fanno quattro?
Dell’operazione siete così certi che nessuno può provarvi il contrario, ma per quanto riguarda l’elettricità, è ben diverso. Oggi ve la si spiega in un certo modo, e voi credete a questa spiegazione. Domani ve ne daranno un’altra, e voi crederete a quell’altra. Ma comprendere significa percepire con almeno due centri, e non con uno solo. Esiste una percezione più completa, ma per il momento è sufficiente che voi riusciate a far sì che un centro ne controlli un altro. Quando un centro ha una percezione e un altro, prendendone conoscenza, l’accetta
oppure la rifiuta, allora c’è comprensione. Se la discussione tra i centri non arriva a una precisa conclusione, si avrà solo una semi-comprensione. Ma nemmeno la semi-comprensione vale granché. È indispensabile che tutto ciò che ascoltate qui, e tutto ciò di cui parlate altrove, venga detto o ascoltato non da un solo centro, ma da due centri. Altrimenti non si arriverà a un risultato corretto, né per me né per voi. Per voi finirà per essere sempre la stessa cosa, cioè pura accumulazione di nuove informazioni.”
Berlino, 24 novembre 1921
In LUMEN da anni portiamo avanti la pratica delle danze di Gurdjieff ogni giovedì sera